“Dio si fermò un momento dopo aver creato il cane per guardarlo…e seppe che era buono, che non aveva tralasciato nulla, che non avrebbe potuto fare meglio.” Rainer Maria Rilke
LA STORIA: Appartiene al ceppo dei Grandi Cani Bianchi del Centro-Europa, stirpe antichissima di guardiani di armenti, di carattere diffidente e bellicoso, arrivato fin qui dal Medio-Oriente. Nel Centro-Italia si evolve come razza a se, descritto già da Columella (I sec. d.c.), come difensore del gregge dal lupo; lo stesso spiega anche che i pastori gradiscono il mantello bianco, proprio per poter sempre distinguere il cane quando i lupi attaccano al crepuscolo, cosi che non si corra il rischio che gli uomini uccidano l’amico invece del nemico.
L’Abruzzo è da sempre la “culla” di questi cani, ma furono appassionati cinofili Toscani ad esportarlo in Maremma e ad avviare le prime selezioni, perciò nel 1958 l ‘ENCI decise di dare il nome attuale alla razza.
Si tratta di animali selezionati per lavorare anche in assenza dell’uomo, per cui sono dotati di grande senso di responsabilità verso gli animali o le cose, a loro affidate.
Sono molto territoriali, fieri, vigilanti, ed intuitivi; selvatici e schivi con l’estraneo, amanti del padrone ma mai sottomessi, mantengono una certa indipendenza. Rustici, robusti, indifferenti al clima avverso, abituati a cavarsela da soli, i Pastori Maremmani Abruzzesi sono distruttivi verso l’intruso. Il maschio è più grande e maestoso, prepotente, coraggioso, aggressivo; la femmina più longilinea ed elegante, più timida e diffidente. In ogni caso, l’aspetto generale è di notevole impatto; armonioso pur nella grande mole; la testa ricorda quella dell’orso bianco.
Già in epoca romana erano conosciuti ed apprezzati; cosi scriveva Lucio Giunio Moderato COLUMELLA nel “De Re Rustica”: “
[…] prendete esempio dai popoli Marsi, Equi, Peligni, Frentani, che invece degli schiavi usano una razza di cani grossi, feroci, bianchi, con lunghi peli irti e gli occhi come carboni. Non abbandonano mai le pecore anche di fronte all’assalto dei lupi, orsi e ladri; sopportano la fame, la sete e il freddo e sono molto meno costosi e molto più fedeli degli schiavi che mangiano tanto, si ammalano facilmente, rubano e fuggono al primo sentore di pericolo.”
Infatti continua Columella: “esso deve rimanere vicino alle abitazioni svolgendo il suo compito con il fiuto ed abbaiando agli sconosciuti che attaccherà con violenza se si avvicinano” Dice ancora Columella che il “cane guardiano di greggi” non deve essere né snello né veloce come un cane che deve inseguire la selvaggina, ma nemmeno pesante e massiccio come un cane da guardia delle abitazioni. Deve essere al contempo agile e svelto, ma anche robusto e vigoroso per essere in grado di inseguire e dare battaglia ai lupi.
Nel I° sec. A.C. Varrone descrive l’antico cane da pastore maremmano abruzzese nel “Rerum Rusticarum”:
“di grande taglia, occhi scuri o grigio-giallastri, labbra e nari scure, il labbro superiore deve coprire i denti senza essere troppo abbondante, testa grande, orecchie pendenti, spalla forte, arti lunghi e dritti, più uniti che divaricati, fianchi rientranti e schiena dritta, manto bianco e aspetto leonino”.
Quando Varrone consiglia di scegliere cani da pastore di buona razza, specificando che essa prende il nome dalla provenienza, afferma che quelle più pregiate sono: la Spartana , la salentina e l’Epirota. Ciò conferma che l’Illiria era un punto di espansione di tali cani. Questo tipo di cane già insediato al sud della Penisola era con ogni probabilità già presente anche in maremma e nella campagna romana prima ancora che Roma, nelle sue lotte espansionistiche, giungesse a contatto con le colonie greche della Magna Grecia o con l’Apulia.
Ciò che si ricava dalla descrizione di questi due autori che per altro sono molto in accordo è l’idea di un cane imponente, possente, ma non al punto di perdere agilità e velocità, in contrasto con le caratteristiche chiaramente molossoidi attribuite al cane adibito alla guardia delle fattorie con testa molto pesante e conformazione tozza e greve così da renderlo lento e poco mobile.
Il suo corpo deve essere asciutto e lungo in contrasto con il cane di casa che viene chiaramente definito come un molosso, con il corpo quadrato e massiccio e con “la testa tanto grande da apparire la parte maggiore del corpo”.
Il colore preferito dai pastori è il bianco perché in tal modo lo si distingue più facilmente dagli animali selvatici. L’odierno maremmano abruzzese si attaglia ancora oggi a queste descrizioni.
La prima testimonianza di un cane bianco la si trova in Anatolia dove si fa la distinzione fra due tipi di cani: “Akbach” letteralmente “testa bianca” in accordo con il colore del mantello, in contrapposizione con un mastino chiamato “Karabach” che letteralmente significa “testa nera”.
Ed è anche significativo che questo cane bianco lo si trovi proprio nelle zone che le pecore bianche hanno seguito nella loro espansione. Lo si trova in Anatolia, Grecia, nell’Italia peninsulare, nell’Illiria e lungo tale direttrice è salito a nord fino alle pianure danubiane.